domenica 5 febbraio 2012

Quel che dice Romeo è sacrosanto

Quel che è giusto è giusto.

Nel precedente numero del Cittadino, l'ex sindaco Antonio Romeo negava in tutti i modi che ci fosse un "caso" sul fatto che, nell'ultima elezione regionale, i voti del boss Moscato di Desio e di tutta la sua famiglia si siano riversati su simbolo pdl e nome Antonio Domenico Romeo.

In fondo ciò che ha dichiarato è sacrosanto, quali colpe avrebbe Romeo? Doveva preventivamente negare a Moscato di votarlo?
E' vero che il suo voto "puzza" e macchia l'onorabilità dell'ex sindaco, ma forse dare del mafioso a Romeo perchè ha avuto i voti di un mafioso, questa volta senza possibilità di smentita, è francamente troppo.
E' troppo per un motivo molto semplice, se si ha fiducia nella magistratura, sempre e comunque, e dunque se questo è un principio (non declinabile per definizione, a seconda della situazione), non è tollerabile un comportamento da molti assunto nel corso degli ultimi tempi.
Forse ci si può sospendere da eventuali incarichi pubblici se qualche indagine coinvolge, anche indirettamente, personaggi pubblici e democraticamente eletti, ma, mi sembra di intuire, non è questo il caso.
Sono altri i casi gravi di questi ultimi tempi che hanno coinvolto amministrazioni locali. Penso all'assessore della "dannata" provincia di Monza e Brianza (provincia nata storta in balia di interessi privati e in aria di 'ndrangheta), oppure al Sindaco (questa volta le prove ci sono e coinvolgono un amministratore comunale democraticamente eletto) di Giussano.

Insomma il punto è: prima di processare e condannare attendiamo gli sviluppi delle indagini che da qualche mese ormai hanno scoperchiato una situazione poco chiara che ha visto arricchirsi esponenti di partiti, imprenditori, tecnici, dopodichè, qualora ci fossero prove che condannano questo o quel sindaco, io sarò il primo a sentenziare, a indignarmi, a condannare fermamente e soprattutto senza alcuna pietà.

Mi sembra un principio fondamentale in un paese che si rispetti.

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