martedì 20 settembre 2011

NO SERVIZIO PUBBLICO, NO CANONE


Gentile Direttore,

le scrivo queste due righe per esternare la mia indignazione per una tassa ingiusta e incoerente, il canone RAI.
Questa lettera non vuole essere l’ennesima protesta contro una pressione fiscale che non ha eguali (se rapportata ai servizi offerti dallo Stato), ma per porre all’attenzione una colossale incoerenza.
Il canone Rai dovrebbe, a rigor di logica, sostenere un’azienda impegnata nel fornire al contribuente il cosiddetto servizio pubblico: informazioni utili, trasmissioni culturali, ma aggiungerei anche intrattenimento per i più piccoli, sempre tuttavia nel rispetto del buon senso e con la chiara intenzione di formare un cittadino consapevole.
Tutto questo non c’è. Dunque decade la funzione del mio contributo annuale per una buona televisione. Se fossi socio di un’emittente televisiva che non rispetta quelli che erano i presupposti iniziali, semplicemente venderei le mie quote a coloro che credono ancora nel progetto.
Ma con la Rai questo non si può fare.
Perché il canone Rai è una “tassa di possesso” del televisore! Come se fosse un privilegio per pochi, come se fossimo negli anni ’50. Ma i tempi sono cambiati, in ogni camera abbiamo una tv, e allora ha senso ancora questa ipocrisia? Io non credo.

Per questo motivo invito la Rai a seguire una di queste due strade: 1) rinunciare alla logica del mercato pubblicitario, proponendo trasmissioni che rispettino la funzione originaria dell’emittente stessa: il servizio pubblico; 2) rinunciare al mio contributo annuale perché non viene utilizzato “come da accordi” ed intraprendere un percorso, celere, di privatizzazione delle reti stesse.

Detto questo, i partiti che si dichiarano contrari a questa tassa ingiusta facciano la loro parte, se esiste ancora una coerenza.

Grazie

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